domenica 26 ottobre 2008

Le Cronache di Pizzardi VI - Il Bagnomenhir

Il bagnomenhir verde si erge al centro della stanza del bagno, è alto circa un metro e novanta, con una circonferenza inferiore al metro. La punta è stata inglobata dal legno del soffitto e sparisce nell'ombra. Sembra essere fatto di una specie di marmo con venature verdi verticali.

La superfici è liscia, levigata e leggermente viscida come il letto di sassi di un corso d'acqua. L'acqua effettivamente scorre da alcune fessure e scende giù lungo la superficie. ha forma leggermente squadrata, ed è quasi certamente stato scolpito dall'acqua nel corso del tempo. In mancanza di mezzi, stimerei che questo menhir si trova qui da almeno cinquecento anni. Il muschio ricopre a chiazze il verde slavato della pietra, che è completamente istoriata di microscopiche incisioni. I caratteri appartengono a alfabeti indoeuropei, ma sono utilizzati con molta libertà. Le lettere più grandi sono alte al massimo 4 millimetri.

La scrittura è prevalentemente bustrofedica, e corre tutto intorno al menhir. Trovandosi addossato all'angolo, è molto difficoltoso seguire le singole righe quando girano nella parte vicina alla parete. Ho provato con uno specchio, ma servono attrezzature più professionali. Inoltre, non posso fermarmi più a lungo di quanto non sia ragionevole stare in bagno, e spesso iniziano a bussare. Preferisco non far vedere che sono in costante atteggiamento di ricerca per non turbare la spontaneità delle mie interrelazioni. Inoltre mi domando da giorni se sia lecito che io tolga del muschio per leggere.

Ho iniziato a studiare le iscrizioni da 2 settimane, passate a creare una mappa del testo.
Ho iniziato a tradurre il settore B4 del menhir, che contiene dai 10.000 ai 20.000 caratteri.

Nella decrittazione, ho iniziato a distinguere per prima cosa i numeri e i numerali: ecco qui una bozza di qualche riga:

**** 5nizza**************3B ******************************************************IP 192 ****** 254 **********************************************************************
************************************************************************************
************************************************************************************
2 girls 1 cup *******************************tris **************************************
************************************* attacco con 1 ********************************* sono le 6 sono **************************le 3 ************************************* 40138 ***************************************150 di bolletta *********MUSCHIO
900 server **********************************************************MUSCHIO
**********************************************************************MUSCHIO
300 *********this is sparta **************4 porte********************** 3 porte MUSCHIO 1 portone *******************************************12 grammi MUSCHIO **************************per 2 mezzo chilo per 4 1 chilo MUSCHIO
per ottobre 2 esami ********** per te 1 ceres ***************************2 singole una doppia ******************************due doppie una singola *****************una tripla ***********************una doppia ********************************************* **** *******************************************************************36 ore senza dormire********************************** 12 ore vomitando ******************mi mancano 6 libri ***************************************************100 mega ************************** 01x03 02x09 avi *********** (etc)

mercoledì 22 ottobre 2008

Le Cronache di Pizzardi V - Cenni linguistici

Willis sembrava bendisposto verso di me, e mi offrì del caffè.
Intanto entrò un grosso uomo, molto robusto, dai capelli neri, e scaricò due grosse ceste di cibarie sul tavolo, sbattendole incurante. Mi guardò e disse:
- Ah tu sei quello nuovo quindi
- Si. Mi chiamo Zeppelie.
- Piacere, Lorenzo
- Piacere
- Ora sai cosa? Stasera faccio un bel minestrone di verdure, e poi andiamo a fare un bel bukkake in piazza, che ne dici?
Sebbene contento di tanta ospitalità, mi sentivo stanco, e quindi declinai l'invito.
Lorenzo sparì giù per un cunicolo, io mi girai a guardare fuori, seguii il pavimento di muschio e radici sotto i miei piedi: tre metri più avanti finiva, e guardai la città in basso, e sopra le fronde del grande albero, ancora più in alto di noi.
C'erano castagne ovunque per terra, e piume, e cartoni di pizza sporchi di sugo. Affacciandomi a caso, ritrovai Franco: era appollaiato davanti ad un laptop, si girò di scatto:
- Vieni a vedere questo video
Il nido del lobuglio minore era ampio e curato. Le pareti erano incrostate dei suoi tipici escrementi iridati. Guardai con simpatia il pennuto: in questa regione il carattere calmo dei lobugli è parte del folklore, come la loro creatività e la loro capacità di coesistere con specie diverse nello stesso habitat se non nelle stesse tane.
La prima migrazione dell'inverno era ancora lontana: il nido di Franco era perfettamente pulito e curato.
Mi fece guardare L'Uomo Visibile su youtube: sembrava contento di riguardarlo, e sul suo viso, benchè possa suonare strano dirlo di un pennuto, era accennato un piccolo sorriso autocompiaciuto.

E' necessario soffermarsi sul primo punto della mia ricerca: il linguaggio dei Pizzardi è molto vicino ad un linguaggio naturale, fatto di suoni dal significato variabile a seconda della circostanza, o da espressioni formulaiche invariabili dagli usi svariati. Il suo utilizzo è simile ad un pidgin, ma con una particolarità: i lemmi delle lingue con cui entrano in contatto, prevalentemente italico, bulgnais, inglese, qualsiasi cosa, viene riadattata al lingua naturale. Notai che i Pizzardi prendevano a rpestito dai media massicce quantità di espressioni, ignorandone completamente il significato e riadattandole.
Ozzacil mi insegnò le prime espressioni da usare, e qui di seguito ve ne elenco qualcuna, rimandandovi nel frattempo ad un futuro dizionario sul quale sto lavorando:

Suoni naturali:
ò: (chiusa, lunga e ad alta voce): passa, dà, basta, che ora è, è poco
heearg: ti voglio bene, sto bene, sono sazio, era buona

Prestiti:
Porco (dal cinghiàlo-italico): uomo
Muori (dal cinghialo-italico) (tu, voi): non c'è di che
Burn (dall'anglo-babilonese) (tu, voi): va bene
Devo/i solo morire: approssimativamente anche oggi è già finito prima di iniziare

Proverbi:
"In Sicilia si dice sedia ed è viola"
significato:
"Quel che ho detto non ha senso"

"Come diceva sempre la mia/tua ex-moglie"
"Quel che ho/hai detto non ha senso"

Oltre alla forma orale, la comunicazione tra Pizzardi avviene in modo straordinariamente frequente tramite gli occhi. Le leggende che li riguardano non sono pura fantasia: ho io stesso riscontrato qualcosa che se non può essere chiamato telepatia, certamente non ha al moemtno un nome migliore per essere definita.
I Pizzardi, coerentemente, non hanno una parola per questo fenomeno, ma mi capitò forse tre o quattro volte, di guardarli fare un segno preciso. buttare l'aria fuori da naso in uno sbuffo, scuotendo la testa e sorridendo.
I pIzzardi non sembrano favorire particolarmente questa abilità, anzi paiono conservarla discretamente, con lo stesso atteggiamento di chi tiene placato qualcosa che, se del tutto sveglio, sarebbe incontrollabile.

Questo effettivamente avvenne, avvenne nell'inverno, e fu allora che capii cosa vuol dire far parte dei Pizzardi.

Ad ogni modo, trovai una parte dell'interno della cortezzia dell'albero che veniva utilizzata per i bisogni di Ozzacil, di Lorenzo e degli ospiti.
Infatti, il lobuglio minore produce degli escrementi pigmentati e atossici, con i quali costruisce il proprio nido, lo rattoppa nell'inverno, oppure, usandolo come collante, costruisce rudimentali ed originalissimi oggetti dall'uso a volte incomprensibile, mentre il lobuglio maggiore ha un aprticolare sistema digerente che espleta la propria funzione tramite il meteorismo, nebulizzando le feci ed espellendole in frequentissime e perlopiù inodori scorregge.
Sulle pareti di questo angolino erano state fissate mattonelle, quasi ad imitare le parvenze di un bagno, ma i numerosi fori nella corteccia, il muschio sulle superfici, ed i rivoli d'acqua discontinui che producevano un gentile sciaquio nelle fessure dell'albero non aiutavano molto ad illudere un forestiero. Notai che negli anfratti sui muri potevo trovare tutto il necessario: schiuma da barba, pettini, tagliaunghie, Internazionale, la Settimana Enigmistica, spazzolini (ne contai circa sedici, alcuni segnati da morsi, altri conficcati con forza qua e là.
numerossisimi rotoli vuoti di carta igienica giacevano in un angolo, sotto un'escrescenza verticale del legno che recava scritte in alfabeto italico, che mi richiesero del tempo èper essere decifrate, ed allo studio delle quali mi dedicai perlopiù la mattina.

Il nido del lobuglio maggiore era in alto, come spesso sono i nidi di questa sottospecie, quasi incassato nell'angolo in alto di una grossa ansa nel tronco del legno. C'erano sei o sette tazzine di caffè impilate vicino ad un tavolo, e Willis sembrava disegnare un ritratto delle tazzine sul muro con un pennarello nero indelebile. Mi guardò intensamente, e poi si rivolse al suo lavoro. Sentii chiamare: - 'Rric! - e vidi il lobuglio maggiore girarsi di scatto. Era la voce di franco
- O'
Non ci fu risposta per circa mezz'ora, poi nuovamente la voce di franco_ - 'Rric!-
- O'

Con il tempo, capii che i lobuglio a volte si chiamano da un nido all'altro per rassicurarsi che il territorio sia sempre sotto controllo e che non vi siano pericoli.
Willis mi guardò di nuovo, e mi fissò con ancor maggiore intensità; posò il pennarello, si guardò in giro, si rassettò il piumaggio, e mi guardò ancora:
- Hai una paglia?

Avendo finito le sigarette, mi proposi di andare a comprarle, e Willis decise di uscire con me.
Mi portò giusto oltre il canale, dopo una piccola ansa: c'era una grande capanna rettangolare, vidi molti tavoli e sedie. Fummo accolti da un signore sui sessant'anni. Chiesi due caffè e due pacchetti di sigarette. Willis sembrò sorridere tra sè, ma non compresi perchè, quindi mi girai e presi il giornale.
Poco dopo ci furono dervite una birra e due pacchetti di sigarette, allora feci per parlare, ma Willis mi fermò con ungesto, scuotendo la testa, e disse: - un panino.
- Scaldo?
- Si

Lo guardai perplesso, ma un minuto dopo, ecco arrivare i due caffè.
Willis non disse niente, prese i caffè e si diresse verso un tavolo lungo la riva del canale.
Ci sedemmo e parlammo del più e del meno, e mi resi conto che era giunta la sera.
Era meraviglioso vedere il finire dedl giorno: i colori erano particolarmente belli, l'aria era calda, ma agitata da una brezza piacevole, ed il tempo sembrava aver rallentato.
Willis mi disse che studiava storia, in particolare era interessato agli ivnestimenti cinesi in Africa. Parlava perfettamente l'italico ora, ma non feci domande, in quanto volevo scoprire le cose nel modo più spontaneo e non intrusivo possibile: in mie precedenti spedizioni, infatti, avevo già involontariamente rotto dei tabù senza rendermene conto, complicando così notevolmente il mio lavoro.

sabato 20 settembre 2008

Intermezzo - I 99 attributi del potente Zuna

Questo documento contiene la trascrizione di un testo, il cui originale fu da me trovato su di una tavola di marshmellows passate al microonde, appiattite e stampate, con sopra iscritte a pennarello indelebile un testo di lode al Potente Zuna, che io conobbi come Abitatore dell'Undersoppalco. In realtà il Potente Zuna rimane trai personaggi più enigmatici dell'albero dei Pizzardi. Sfortunatamente parte della tavola è andata persa, e dei 99 attributi possiamo per ora conoscerne solo 32.

99 Nomi del Potente Zuna

O potente Zuna, ascolta!
Intessiamo di lodi tutti i tuoi nomi,
come miele addolciscono la nostra bocca,
lascia che il tuo orecchio ascolti il nostro canto.

Zuna l'Elargitore di Paglie
Zuna il Concessore di Pacchetti per Far Filtri
Zuna il Traghettatore
Il Mastro di birre
Il Portatore di Spese
L'Ospite Perfetto
Il Cronista Spinto
La Percentuale
Re di Cover Acustiche
Flagello delle vecchiette
Ira alla Guida
Calcolatore Atomico
Il Lento Rollatore
L'Imbazzatore Estremo
Il Capitalista della Diaspora
Zuna il Bellavecc
Zunicum, Signore del Chipcount
Quello Peloso
Quello che Ride
Il Solo Bravo
Cavaliere d'Assi dell'Ordine di Gibilterra
Canide dei Raid alle Poste
Infliggitore di Pezze
Zuna il Grato Commensale
Il Cocchio di Burger King
Colui che Siede al Tavolo Verde
Spargitore di Spritz
L'Istante Incazzato
Figlio di Squirt,
Creatore del River
GTA dei Viali
Padrone del Pesto













mercoledì 27 agosto 2008

Cronache di Pizzardi IV - Il lobuglio

Mi girai verso Ozzacil in cerca di conferma: erano loro? Non sapevo se sarei stato beneaccetto, ed inoltre era possibile che venissi sottoposto a delle prove, dei test, dei quali non potevo immaginare la natura.

Dall'apertura nell'albero, intanto, schizzò fuori volando un piccolo mazzo di chiavi che Ozzacil acchiappò prontamente quasi senza muoversi; si girò e aprì la pesante porta di legno scuro. Ozzacil sparì nel pertugio, ed io guardai nel buio da dove giungevano vicine diverse voci. Sentii una risata come in risposta ad una battuta, e mi tranquillizzai un poco, ma decisi di seguire comunque Ozzacil per il momento.
La porta non si apriva più di tanto.
Mi infilai dentro cercando di abituare gli occhi al buio, ma vidi subito che l'interno in realtà era debolmente illuminato. Sentii odore di cibo, e una corrente d'aria che attraversava la penombra. Chiusi la porta dietro di me, e lascia entrare ancora più luce, che arrivava da un'apertura alla mia destra. Davanti a me intravedevo un'altra porta alla fine di uno stretto corridoio.
In alto, un ramo attraversava le pareti, finendo chissà dove. su di esso erano abbarbicate matasse di fili, cavi, elastici. Teneui luci di led rossi e verdi facevano capolino nell'ombra.
Subito alla mia sinistra, una porta con un vetro opaco nel mezzo si aprì, e ne uscì Ozzacil, che, sempre senza dire niente, ma visibilemtne più tranquillo di poco prima, mi invitò a seguirlo in cucina. I tre metri di cunicolo che mi separavano dall'entrata, che era quella da cui proveniva la luce, erano ingombri all'inversomile di ogni genere di oggetti: cataste di cartoni di pizza, pali con affissi segnali stradali, scope, bastoni, maglie, carte da poker ovunque, mentre notai che ogni centimetro delle volte di legno di questo piccolo labirinto, era stato utilizzato al meglio, ricavando sedili dai grandi nodi, cassetti e doppi fondi negli incavi, soppalchi, letti e armadi nelle grandi fenditure nel titanico tronco dell'albero.

La cucina somigliava ad un campo militare dopo una notte di baldoria.
C'era un grosso coltello conficcato su un angolo del grande tavolo che prendeva quasi tutto lo spazio disponibile.
Bottiglie e bicchieri erano abbandonati ovunque, rovesciati la maggior parte, rotti altri; c'erano due sedie rotte, di cui una stava per cadere giù dall'albero: infatti la cucina aveva come pavimento la parte inferiore di uno dei rami più grandi dell'albero, che era però didotto ad un moncone, probabilmente spezzato da un fulmine. La parte superiore del ramo faceva da tettoia per tre metri, mentre sotto proseguiva per altri due metri. Mi affacciai: era una giornata assolata e ventosa. Sotto di me vedevo terra, sopra, poco più in alto, la cima dell'albero. Intorno c'erano altri alberi. Un animale si mosse tra i rami. Mi venne da sorridere.
Ozzacil stava preparando del caffè.

Sentii la porta aprirsi, ed entrò quello che identificai immediatamente come un lobuglio.
Il lobuglio è una rarissima creatura, originaria del nord Europa, ma adattata da secoli ai climi caldi del Mediterraneo. Pur essendo un volatile, essa ha le abitudini e la dieta dei piccoli roditori, come i criceti, non nidifica ma costruisce tane, possiede un marsupio, ma depone le uova. I lobugli si definiscono l'anello mancante tra il criceto e l'airone, e preferiscono gli habitat protetti come boscaglie o paludi, anche se essendo migratori, passano parte del suo ciclo vitale lungo le coste della Sicilia, unico luogo ancora si riproducono spontaneamente. Provvisto di grandi ali, il lobuglio le usa in realtà raramente, preferendo andare a piedi o in aereo. Mangia di tutto, sbocconcellando per tutto il giorno moderate quantità di cibo. E' prevalentemente notturno, ed ama il poker. Spesso cscambiati per tacchini dai cacciatori (la carne del lobuglio non è affatto prelibata, ed anzi è dura e stopposa), questi straordinari pennuti compiono ogni anno due o tre migrazioni verso sud, durante le quali non fanno apparentemente niente se non stare in spiaggia. Ogni migrazione dura dalle due alle quattro settimane, e gli studiosi non sono ancora stati capaci di spiegare questo comportamento.
Ad ogni modo, mi trovavo di fronte ad un magnifico esemplare di lobuglio maggiore, quando apparve subito dopo un lobuglio striato, gridando: - Io non ho amici!-, per poi accordersi di me e sorridermi in maniera malcelatamente autocompiaciuta.
Si presentò come Franco, dando a intendere che non era il suo vero nome, mentre l'altro, disse, il lobuglio maggiore, era Willis, altro nome che mi parve inventato lì per lì.

lunedì 28 luglio 2008

INTERMEZZO - La Fauna Acquatica dei Portici

I Grandi Arancioni, o semplicemente, Arancioni, appartengono al genere Physeter Bus, e si differenziano in due sottospecie, Bus filus e Bus benza.
Scoperti e classificati per la prima volta nei primi anni novanta da Davide Toffolo, gli Arancioni fanno da sempre parte dell'ecosistema dei Portici, una fitta rete di canali invasa dalle mangrovie, dove pullula la vita, nascosta dalle volte carsiche che si intrecciano ad una moltitudine di canali minori: ovunque, è possibile vedere vita acquatica, primati arboricoli, vacche selvatiche che si abbeverano, ibridi di docente che guardano dalla cima dei rami, snocciolando incessantemente chicchi di caffè, tirando penne. Una rara specie di insetto, lo Statino, si può ammirare lungo il tratto di fiume degli Zamboni, ed un po' ovunque in primavera ed autunno, quando allo schiudersi degli Esami, inizia l'alacre attività di impollinazione di questi lontani parenti del Libretto Domestico.

La struttura sociale degli Arancioni si basa sulla predominanza di alcuni elementi della famiglia sugli altri. Infatti gli Arancioni sono animali gregari, con forti legami di sangue.
Durante l'ultimo decennio, ho avuto modo di studiare queste straordinarie creature, ed ho ammirato la grande opera etologica, seppur inconsapevolmente, svolta dagli abitanti della città.
Da secoli infatti, una speciale gilda della città, gli Atici (pronunciato in modo da rimare con Prodigy), si occupano di marcare il percorso fatto dai Grandi Arancioni, ed una elite è chiamata al non facile compito di domarli, addestrarli, e condurli.

In genere, viene affidato ad un giovane Atico il compito di condurre un giovane Arancione già domato attraverso la città. Sebbene un cucciolo di Arancione pesi già dalle quattro alle cinque tonnellate, è di temperamento più docile rispetto agli adulti.

I capi clan vivono anche fino a ottant'anni, ma in ogni caso, il loro codice genetico differisce in alcuni tratti essenziali, non ancora identificati dai ricercatori, da quelli degli altri Arancioni. Ci troviamo di fronte, quindi, a vere e proprie dinastie.

Gli aborigeni, di generazione in generazione, marcano con appositi segnali i capi clan, in modo da conoscere gli spostamenti delle creature e poterne giovare beneficio.

I capi clan più conosciuti sono il Grande 14 ed il Grande 13, che tagliano la regione in lungo e in largo, mentre la più alta densità di esemplari si ha nel bacino della Stazione, un'area paludosa ove si possono vedere Arancioni di ogni tipo e dimensione. Il Grande 13 in particolare copre ogni giorno una grande distanza, arrivando oltre i confini esterni di Murria da un lato, e lontano verso i campi dei nomadi Panigali dall'altro.

Altri esemplari degni di nota sono i Grandi Blu, una varietà di Physeter Bus che risale le correnti fino alle montagne, o le percorre in direzione del mare, caratterizzata da stazza maggiore rispetto agli Arancioni, e da carattere più aggressivo.

Le comunità locali naturalmente possiedono conoscenze specifiche degli Arancioni che transitano nella loro zona: i Massarenti hanno anche creato una razza nana di Arancione, un ibrido che si ottiene dall'unione di una femmina di 25 adulta ed un giovane maschio di Navetta C: il 36. Si tratta di una varietà molto schiva, ma dal temperamento mite, che vive tra la stazione e il territorio dei Massarenti.

A volte alcuni esemplari notturni si vedono saltare nel Rizzoli, il canale più ampio nell'area dei Portici, ma gli Arancioni, una volta domati e addomesticati, sono creature quasi esclusivamente diurne.

Come ultima nota, riportiamo la diffussa credenza in una forema di divinazione legata agli Arancioni, una forma di vaticinio declamata dall'Orario, secondo la quale sarebbe effettivamente possibile predire i flussi di Arancioni.

giovedì 24 luglio 2008

Cronache di Pizzardi III

Seguii Ozzacil, fino a quando questi non si fermò, e si tuffò fra gli alberi. Appena nascosto tra la fitta vegetazione, c'era un enorme albero, il cui tronco poteva ospitare tranquillamente due uomini a cavallo. Seminascosta tra le frasche, c'era un'apertura alta circa un metro e venti: vidi Ozzacil entrarvi. Mi avvicinai. Guardando da vicino, sul bordo rugoso dell'apertura cqualcuno aveva scritto con un coltello:

SCIORTINO-NICOLETTI

Non compresi immediatamente quella scritta, ma non indugiai oltre: mi girai e fui nel buio. Mi aspettavo che saremmo scesi, ma, invece, vidi Ozzacil sopra di me, il quale, malgrado la stazza, saltava da un gradino all'altro del grande tronco cavo con scioltezza derivata dall'abitudine. Salimmo forse per dieci o quindici metri, e vidi distintamente dei cunicoli aprirsi nelle grandi e larghe volte del legno, per dipanarsi poi chissadove. Ad un tratto, la luce cominciò a filtrare dalle incrinature nella vecchia corteccia. Sentii aria, e vidi sopra di me il tronco che si incurvava, in modo tale che presto mi ritrovai a camminare in piedi. Ci trovavamo in cima all'albero, ma ancora dentro il suo smisurato tronco. La corteccia sopra di noi era in parte caduta per l'effetto combinato del vento e della pioggia, ma, assottigliandosi sopra di noi, ora sembrava toccare il cielo.
Ai nostri lati, nello spesso corpo dell'albero, c'erano due porte, una alla mia destra ed una alla mia sinistra.
Ozzacil andò con decisione verso quella a noi più vicina, subito a sinistra. Iniziò improvvisamente a bestemmiare contro gli dèi nel suo inconfondibile accento, un misto di babilonese e crotonese. Si cercò nel pelo, nelle tasche, poi si girò e mi disse che aveva dimenticato le chiavi.
Gli chiesi se non si potesse bussare, alla casa dei Pizzardi, e mi rispose - con un'espressione un po' sconsolata- che non era questo il problema. Suonò. Aspettammo che passassero alcuni secondi, e poi suonò di nuovo. Non giungendo risposta, chiesi se era sicuro che fossero in casa: Ozzacil mi rispose di sì, ma sempre più sconsolato, che sì, erano in casa, e iniziò a suonare il campanello di continuo, scalciando contro la porta e urlando. Continuò per cinque minuti di fila. Riprese a bestemmiare, e poi a bestemmiare urlando. Nessuna risposta.
Iniziavo ad annoiarmi: ero curioso di entrare, e lì nell'albero poi, non potevo neanche vedere che pochi scorci di luce qua e là nella corteccia.
Sentimmo un rumore alle nostre spalle: l'altra porta si aprì, e vidi una piccola folla nell'ombra venire verso di noi. Quello fu il mio primo incontro con i Pizzardi.

mercoledì 23 luglio 2008

Cronache di Pizzardi - II

Ozzacil mi diede indicazioni circa come arrivare nei pressi del villaggio.
Radunai i miei libri, preparai le borse, e scesi ad aspettare il Grande 14. Era una mattina assolata, banchi di motorini sguisciavano vicini alla superficie, coprendo di riflessi argentati i fianchi immensi del Grande 14.

Con un grande sbuffo, l'Arancione riprese velocità, passò dal grande canale, imboccò la corrente Maggiore, e finalmente si tuffò felice nel Viali. Dopo non molto si irrigidì, e in un guizzo, virò a destra, iniziando a risalire la corrente: da quel momento, entrammo nella terra dei Massarenti, che prende nome dalla corrente Massarenti, che si immette nel Viali, e sgorga dalla Grande Rotonda. I Massarenti gestiscono da generazioni il traffico di merci lungo il fiume: i Lidlenberg, gli Esselungai, i De' Coop sono le famiglie di mercanti più ricche della tribù, e vantano legami di sangue con molte altre tribù lontane. Il culto dinastico è molto vivo tra i Massarenti, che visitano di frequente i luoghi di culto, i supermercati, per coltivare i frutti delle famiglie: una, due, ma a volte anche tre volte alla settimana, vedrete una folla uniforme entrare dai cancelli del supermercato, una folla che si manterrà costante dal sorgere del sole, al calare del buio. All'interno, noterete come tutti saranno intenti ad osservare gli oggetti posti sugli scaffali delle navate centrali, o lungo le lunghissime pareti. Dopo aver ammirato a lungo gli scaffali, i Massarenti porteranno le loro offerte ai Cassieri, i sacerdoti del supermercato. Questi accetteranno i doni, e concederanno ad alcuni di portare via un oggetto o due, talvolta del formaggio, altre dei prodotti igienizzanti. Giunta la notte, i Cassieri daranno alle Guardie i denari raccolti, e queste ultime si occuperanno di versarle direttamente nelle casse delle grandi famiglie Massarenti. Gli agricoltori verranno pagati con parte della somma guadagnata, affinchè siano sempre rigogliosi gli scaffali del tempio.
Ozzacil mi aveva detto di dirigermi, una volta di fronte ai cancelli del supermercato, verso i Giardini degli Orsola.
Dunque guadai il Massarenti nel suo punto più basso, ed una volta attraversato mi fermai a prendere un caffè presso la tenda di un mercante, cha aveva piantato lì la sua piccola carovana, in attesa di visitatori come me.
Mentre preparava il caffè, mi chiese cosa venivo a fare da questa parte del fiume, e gli dissi ingenuamente, che stavo pensando di venire a vivere da quelle parti, perchè volevo scrivere un libro sui Pizzardi.
Al sentire quel nome, si dipinse sul viso del mercante prima un sorriso come di un bel ricordo, poi un'espressione di paura atavica, poi scosse il capo, poi guardò lontano sorridendo di nuovo, poi si asciugò una lacrima che gli stava scendendo lungo la guancia, ed infine mi gettò uno sguardo che posso descrivere solo come promiscuamente ammiccante, mi fissò, mi servì il caffè, guardò me, poi di nuovo il caffè, poi me ancora, e finalmente disse: - lei non ha assolutamente idea di quel che accade nella terra dei Pizzardi-.
- La terra dei Pizzardi?
- Si.
- Ma non sapevo che avessero un loro territorio
- La terra dei Pizzardi è magica e non sono conosciuti tutti i suoi confini nemmeno ai Pizzardi stessi
- Mi scusi, ma lei come lo sa?
- A volte, stando qui tutto il giorno, mi capita di intravederne uno tra i cespugli, a volte delle piume di Lobuglio, sa, stando sempre qui...

Vidi in lontananza una nuvola di polvere sollevarsi e venire verso di me: era il fido Ozzacil che arrivava di corsa. Si fermò davanti a me e mi guardò con aria indifferente, poi grugnì e gli strofinai il muso in cenno amichevole. Il suo pelo, ispido, di dread chiari, come sempre era cosparso di ricci di castagna, la montatura degli occhiali era rotta, le lenti graffiate. Per il resto, era perfettamente stirato e pulito.

Pagai il emrcante, rimandando la nostra conversazione ad un altro momento, e mentre ancora riflettevo su quel che mi aveva detto, iniziai a seguire Ozzacil.
Andammo a lungo in un bosco rado che costeggiava una canale, della fitta rete che forma il Massarenti in questa piana fertile. gli accampamenti erano radi, lungo i sentieri, che costeggiavano i corsi d'acqua più grandi.
Raggiungemmo infine ad un traghetto, gestito dal nostro lato, da alcuni stranieri, non Massarenti. Da un lato e dall'altro, questi mercanti avevano organizzato due piccole tende, dove rifocillarsi e riposare.
Andai a contrattare con il traghettatore, ma questi mi fissò per un attimo con i suoi tre grandi occhi colorati, e indicò dietro alle mie spalle: Ozzacil mi aspettava già su una piccola barca che doveva aver tirato fuori dai giunchi lì vicino. Salii, e mi misi a mio agio. Ozzacil dava qualche colpo di remo ogni tanto, fendendo facilmente il lento corso della corrente. Poco prima di giungere sull'altra sponda, mi guardò e mi disse: ora sei in terra nostra. Sorrisi e presi appunto di quell'espressione: cosa voleva dire nostra? Ozzacil era un Pizzardo?
L'agile artiodattilo legò velocemente la bici, e salutò alcuni mercanti seduti fuori dalla tenda. Vidi che si trattava del luogo di ristoro che avevo visto dall'altra aprte del fiume. Un'insegna recava la scritta: "Pizzeria 3B".
Non sapevo ancora che sarebbe diventata la mia unica fonte di sussistenza per mesi.

martedì 22 luglio 2008

Cronache di Pizzardi - I

Presi i primi contatti con i Pizzardi durante l'estate 2007. Mi trovavo già da anni nella regione, e conoscevo già la maggior parte del territorio della città, e dell'oltrefiume.
Avevo imparato a seguire le maree dei Grandi Arancioni, conoscevo a memoria i percorsi, avevo già catalogato centinaia di esemplari: uomini-cane, figli di Frik, speziali, suore Kitty, tutti: ero benvenuto nelle gilde dei pastori del mare, e dei banditi del sud. Fu proprio tra di loro che incontrai Ozzacil, fida guida appartenente al popolo dei cinghiali. Ma andiamo per ordine.
All'inizio dell'estate, per varie ragioni, mi trovai costretto a trovare una nuova dimora, e Ozzacil prontamente si offrì di aiutarmi. Ciò che non sapevo, era che lui viveva nel cuore dell'oltrefiume sconosciuto, dentro i cunicoli delle tane dei Pizzardi, dove nessuno capita per caso, dove le voci del mattino e della sera si dice si confondano, dove ciò che nromalmente altera, schiarisce, e ciò che ogni giorno ci ristora, diventa evanescente.
Luoghi sconosciuti alla maggior parte dei Massarenti stessi, che formano l'etnia più grande dell'oltrefiume sud.
Non serve dire che per un ricercatore, questa fosse più di una buona notizia. Tuttavia, mi domandai subito se mi avrebbero accettato: dei Pizzardi non si sa niente, solo voci, sulle bocche imbellettate delle puttane lungo la riva dell'Aldrovandi, o frasi sconnese di ubriachi persi in qualche sogno, proverbi di qualche vecchio Massarenti al mercato.

venerdì 18 luglio 2008

National Pizzardi- La grande migrazione

Ogni mese i migliori estratti dalla stampa internazionale per chi ama il mondo dei Pizzardi

I piccoli roditori alati della steppa pizzardiana sono capaci di percorrere circa 800 miglia in un solo giorno, il loro corpo affusolato gli permette di sfruttare tutte le correnti ventose e le loro piccole ali, dotate di un folto piumaggio, perdono il pesante ingombro appositamente per sviluppare una perfetta tenuta e raggiungere cosi velocità elevate durante la migrazione.
Dopo sei mesi dall'ultimo viaggio ecco che i nostri due esemplari si mettono in volo per le zone più calde del pianeta dove la brulla vegetazione e la presenza del mare sono a disposizione per i loro giocosi passatempi. Questa rara specie di volatili ama il divertimento e la cura dei propri pulcini, solitamente, nelle stagioni estive li si possono scovare nelle aree metropolitane siciliane, nei bar di bagheria e nelle segherie a motore di Giulianova, anche se questi ultimi esemplari di Giulianova stanno tendendo oramai a scomparire definitivamente a causa di una forte riduzione dei gas inquinanti.
Ebbene si, questi piccoli e stupefacenti animali, si comportano inspiegabilmente come le piante. Fanno parte del regno animale ma sfruttano il ciclo vegetale, quindi al contrario dal ciclo animale, immagazzinano anidride carbonica per rilasciare solo di notte ed in presenza di svariati litri di alcool ossigeno puro, necessario anche e soprattutto alla vita di tutti noi su Gaia.
Aspetteremo gli inizi della nuova stagione calcistica per rivederli all'opera in un altro stenuante viaggio.

venerdì 11 luglio 2008

INTRODUZIONE - Cenni storici e geografici. Caratteristiche generali dei Pizzardi.

Al sud della grande pianura, c'è una città fondata da un popolo folle discendente dai babilonesi.
Dodici porte la sorvegliano, ma non tutte sono visibili.
Fuori dalla città, a sud, attraversato il fiume Viali, si entra nel territorio dei Massarenti. Sono aborigeni dediti alla coltivazione del supermercato, e amano percorrere lunghe distanze a piedi. I Massarenti ospitano da generazioni gli Orsola, una gilda di guaritori custode di antiche ricette.
Non lontano da là, una volta entrati nel sottobosco di stradine piccole e di alberi ordinati, vivono i Pizzardi.

Delle numerose piccole tribù, della miriade di clan che vivono vicino al fiume Viali, i Pizzardi sono tra le più misteriose e poco conosciute.
La loro natura schiva, il loro olfatto, il costante mutare e girovagare dei suoi membri, rende i Pizzardi diversi da tutte le altre tribù.
Diversamente dai Mascarelli, i Pizzardi si spostano prevalentemente a piedi, nè peraltro venerano i Grandi Arancioni come i Massarenti alti, per i quali anzi le grandi e lente creature che solcano il fiume Viali, risalendo la corrente verso le colline, sono parte dell'esistenza quotidiana e messaggere degli dèi.
Si potrebbe paragonarli ai Bertoloni, cresciuti negli angusti labirinti della città, per l'apparente stato di anarchia all'interno della tribù, all'occhio inesperto di un viandante. In realtà, la tribù dei Pizzardi ha una struttura di tipo semi-nomadico, regolata da regole non formali accettate e comrpese implicitamente da ognuno. La vicinanza dei Pizzardi al mondo animale li rende l'oggetto delle fantasie popolari, e molte sono le attribuzioni inesatte che vengono addossate a questa pacifica tribù.