giovedì 24 luglio 2008

Cronache di Pizzardi III

Seguii Ozzacil, fino a quando questi non si fermò, e si tuffò fra gli alberi. Appena nascosto tra la fitta vegetazione, c'era un enorme albero, il cui tronco poteva ospitare tranquillamente due uomini a cavallo. Seminascosta tra le frasche, c'era un'apertura alta circa un metro e venti: vidi Ozzacil entrarvi. Mi avvicinai. Guardando da vicino, sul bordo rugoso dell'apertura cqualcuno aveva scritto con un coltello:

SCIORTINO-NICOLETTI

Non compresi immediatamente quella scritta, ma non indugiai oltre: mi girai e fui nel buio. Mi aspettavo che saremmo scesi, ma, invece, vidi Ozzacil sopra di me, il quale, malgrado la stazza, saltava da un gradino all'altro del grande tronco cavo con scioltezza derivata dall'abitudine. Salimmo forse per dieci o quindici metri, e vidi distintamente dei cunicoli aprirsi nelle grandi e larghe volte del legno, per dipanarsi poi chissadove. Ad un tratto, la luce cominciò a filtrare dalle incrinature nella vecchia corteccia. Sentii aria, e vidi sopra di me il tronco che si incurvava, in modo tale che presto mi ritrovai a camminare in piedi. Ci trovavamo in cima all'albero, ma ancora dentro il suo smisurato tronco. La corteccia sopra di noi era in parte caduta per l'effetto combinato del vento e della pioggia, ma, assottigliandosi sopra di noi, ora sembrava toccare il cielo.
Ai nostri lati, nello spesso corpo dell'albero, c'erano due porte, una alla mia destra ed una alla mia sinistra.
Ozzacil andò con decisione verso quella a noi più vicina, subito a sinistra. Iniziò improvvisamente a bestemmiare contro gli dèi nel suo inconfondibile accento, un misto di babilonese e crotonese. Si cercò nel pelo, nelle tasche, poi si girò e mi disse che aveva dimenticato le chiavi.
Gli chiesi se non si potesse bussare, alla casa dei Pizzardi, e mi rispose - con un'espressione un po' sconsolata- che non era questo il problema. Suonò. Aspettammo che passassero alcuni secondi, e poi suonò di nuovo. Non giungendo risposta, chiesi se era sicuro che fossero in casa: Ozzacil mi rispose di sì, ma sempre più sconsolato, che sì, erano in casa, e iniziò a suonare il campanello di continuo, scalciando contro la porta e urlando. Continuò per cinque minuti di fila. Riprese a bestemmiare, e poi a bestemmiare urlando. Nessuna risposta.
Iniziavo ad annoiarmi: ero curioso di entrare, e lì nell'albero poi, non potevo neanche vedere che pochi scorci di luce qua e là nella corteccia.
Sentimmo un rumore alle nostre spalle: l'altra porta si aprì, e vidi una piccola folla nell'ombra venire verso di noi. Quello fu il mio primo incontro con i Pizzardi.

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