mercoledì 27 agosto 2008

Cronache di Pizzardi IV - Il lobuglio

Mi girai verso Ozzacil in cerca di conferma: erano loro? Non sapevo se sarei stato beneaccetto, ed inoltre era possibile che venissi sottoposto a delle prove, dei test, dei quali non potevo immaginare la natura.

Dall'apertura nell'albero, intanto, schizzò fuori volando un piccolo mazzo di chiavi che Ozzacil acchiappò prontamente quasi senza muoversi; si girò e aprì la pesante porta di legno scuro. Ozzacil sparì nel pertugio, ed io guardai nel buio da dove giungevano vicine diverse voci. Sentii una risata come in risposta ad una battuta, e mi tranquillizzai un poco, ma decisi di seguire comunque Ozzacil per il momento.
La porta non si apriva più di tanto.
Mi infilai dentro cercando di abituare gli occhi al buio, ma vidi subito che l'interno in realtà era debolmente illuminato. Sentii odore di cibo, e una corrente d'aria che attraversava la penombra. Chiusi la porta dietro di me, e lascia entrare ancora più luce, che arrivava da un'apertura alla mia destra. Davanti a me intravedevo un'altra porta alla fine di uno stretto corridoio.
In alto, un ramo attraversava le pareti, finendo chissà dove. su di esso erano abbarbicate matasse di fili, cavi, elastici. Teneui luci di led rossi e verdi facevano capolino nell'ombra.
Subito alla mia sinistra, una porta con un vetro opaco nel mezzo si aprì, e ne uscì Ozzacil, che, sempre senza dire niente, ma visibilemtne più tranquillo di poco prima, mi invitò a seguirlo in cucina. I tre metri di cunicolo che mi separavano dall'entrata, che era quella da cui proveniva la luce, erano ingombri all'inversomile di ogni genere di oggetti: cataste di cartoni di pizza, pali con affissi segnali stradali, scope, bastoni, maglie, carte da poker ovunque, mentre notai che ogni centimetro delle volte di legno di questo piccolo labirinto, era stato utilizzato al meglio, ricavando sedili dai grandi nodi, cassetti e doppi fondi negli incavi, soppalchi, letti e armadi nelle grandi fenditure nel titanico tronco dell'albero.

La cucina somigliava ad un campo militare dopo una notte di baldoria.
C'era un grosso coltello conficcato su un angolo del grande tavolo che prendeva quasi tutto lo spazio disponibile.
Bottiglie e bicchieri erano abbandonati ovunque, rovesciati la maggior parte, rotti altri; c'erano due sedie rotte, di cui una stava per cadere giù dall'albero: infatti la cucina aveva come pavimento la parte inferiore di uno dei rami più grandi dell'albero, che era però didotto ad un moncone, probabilmente spezzato da un fulmine. La parte superiore del ramo faceva da tettoia per tre metri, mentre sotto proseguiva per altri due metri. Mi affacciai: era una giornata assolata e ventosa. Sotto di me vedevo terra, sopra, poco più in alto, la cima dell'albero. Intorno c'erano altri alberi. Un animale si mosse tra i rami. Mi venne da sorridere.
Ozzacil stava preparando del caffè.

Sentii la porta aprirsi, ed entrò quello che identificai immediatamente come un lobuglio.
Il lobuglio è una rarissima creatura, originaria del nord Europa, ma adattata da secoli ai climi caldi del Mediterraneo. Pur essendo un volatile, essa ha le abitudini e la dieta dei piccoli roditori, come i criceti, non nidifica ma costruisce tane, possiede un marsupio, ma depone le uova. I lobugli si definiscono l'anello mancante tra il criceto e l'airone, e preferiscono gli habitat protetti come boscaglie o paludi, anche se essendo migratori, passano parte del suo ciclo vitale lungo le coste della Sicilia, unico luogo ancora si riproducono spontaneamente. Provvisto di grandi ali, il lobuglio le usa in realtà raramente, preferendo andare a piedi o in aereo. Mangia di tutto, sbocconcellando per tutto il giorno moderate quantità di cibo. E' prevalentemente notturno, ed ama il poker. Spesso cscambiati per tacchini dai cacciatori (la carne del lobuglio non è affatto prelibata, ed anzi è dura e stopposa), questi straordinari pennuti compiono ogni anno due o tre migrazioni verso sud, durante le quali non fanno apparentemente niente se non stare in spiaggia. Ogni migrazione dura dalle due alle quattro settimane, e gli studiosi non sono ancora stati capaci di spiegare questo comportamento.
Ad ogni modo, mi trovavo di fronte ad un magnifico esemplare di lobuglio maggiore, quando apparve subito dopo un lobuglio striato, gridando: - Io non ho amici!-, per poi accordersi di me e sorridermi in maniera malcelatamente autocompiaciuta.
Si presentò come Franco, dando a intendere che non era il suo vero nome, mentre l'altro, disse, il lobuglio maggiore, era Willis, altro nome che mi parve inventato lì per lì.

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