lunedì 28 luglio 2008

INTERMEZZO - La Fauna Acquatica dei Portici

I Grandi Arancioni, o semplicemente, Arancioni, appartengono al genere Physeter Bus, e si differenziano in due sottospecie, Bus filus e Bus benza.
Scoperti e classificati per la prima volta nei primi anni novanta da Davide Toffolo, gli Arancioni fanno da sempre parte dell'ecosistema dei Portici, una fitta rete di canali invasa dalle mangrovie, dove pullula la vita, nascosta dalle volte carsiche che si intrecciano ad una moltitudine di canali minori: ovunque, è possibile vedere vita acquatica, primati arboricoli, vacche selvatiche che si abbeverano, ibridi di docente che guardano dalla cima dei rami, snocciolando incessantemente chicchi di caffè, tirando penne. Una rara specie di insetto, lo Statino, si può ammirare lungo il tratto di fiume degli Zamboni, ed un po' ovunque in primavera ed autunno, quando allo schiudersi degli Esami, inizia l'alacre attività di impollinazione di questi lontani parenti del Libretto Domestico.

La struttura sociale degli Arancioni si basa sulla predominanza di alcuni elementi della famiglia sugli altri. Infatti gli Arancioni sono animali gregari, con forti legami di sangue.
Durante l'ultimo decennio, ho avuto modo di studiare queste straordinarie creature, ed ho ammirato la grande opera etologica, seppur inconsapevolmente, svolta dagli abitanti della città.
Da secoli infatti, una speciale gilda della città, gli Atici (pronunciato in modo da rimare con Prodigy), si occupano di marcare il percorso fatto dai Grandi Arancioni, ed una elite è chiamata al non facile compito di domarli, addestrarli, e condurli.

In genere, viene affidato ad un giovane Atico il compito di condurre un giovane Arancione già domato attraverso la città. Sebbene un cucciolo di Arancione pesi già dalle quattro alle cinque tonnellate, è di temperamento più docile rispetto agli adulti.

I capi clan vivono anche fino a ottant'anni, ma in ogni caso, il loro codice genetico differisce in alcuni tratti essenziali, non ancora identificati dai ricercatori, da quelli degli altri Arancioni. Ci troviamo di fronte, quindi, a vere e proprie dinastie.

Gli aborigeni, di generazione in generazione, marcano con appositi segnali i capi clan, in modo da conoscere gli spostamenti delle creature e poterne giovare beneficio.

I capi clan più conosciuti sono il Grande 14 ed il Grande 13, che tagliano la regione in lungo e in largo, mentre la più alta densità di esemplari si ha nel bacino della Stazione, un'area paludosa ove si possono vedere Arancioni di ogni tipo e dimensione. Il Grande 13 in particolare copre ogni giorno una grande distanza, arrivando oltre i confini esterni di Murria da un lato, e lontano verso i campi dei nomadi Panigali dall'altro.

Altri esemplari degni di nota sono i Grandi Blu, una varietà di Physeter Bus che risale le correnti fino alle montagne, o le percorre in direzione del mare, caratterizzata da stazza maggiore rispetto agli Arancioni, e da carattere più aggressivo.

Le comunità locali naturalmente possiedono conoscenze specifiche degli Arancioni che transitano nella loro zona: i Massarenti hanno anche creato una razza nana di Arancione, un ibrido che si ottiene dall'unione di una femmina di 25 adulta ed un giovane maschio di Navetta C: il 36. Si tratta di una varietà molto schiva, ma dal temperamento mite, che vive tra la stazione e il territorio dei Massarenti.

A volte alcuni esemplari notturni si vedono saltare nel Rizzoli, il canale più ampio nell'area dei Portici, ma gli Arancioni, una volta domati e addomesticati, sono creature quasi esclusivamente diurne.

Come ultima nota, riportiamo la diffussa credenza in una forema di divinazione legata agli Arancioni, una forma di vaticinio declamata dall'Orario, secondo la quale sarebbe effettivamente possibile predire i flussi di Arancioni.

giovedì 24 luglio 2008

Cronache di Pizzardi III

Seguii Ozzacil, fino a quando questi non si fermò, e si tuffò fra gli alberi. Appena nascosto tra la fitta vegetazione, c'era un enorme albero, il cui tronco poteva ospitare tranquillamente due uomini a cavallo. Seminascosta tra le frasche, c'era un'apertura alta circa un metro e venti: vidi Ozzacil entrarvi. Mi avvicinai. Guardando da vicino, sul bordo rugoso dell'apertura cqualcuno aveva scritto con un coltello:

SCIORTINO-NICOLETTI

Non compresi immediatamente quella scritta, ma non indugiai oltre: mi girai e fui nel buio. Mi aspettavo che saremmo scesi, ma, invece, vidi Ozzacil sopra di me, il quale, malgrado la stazza, saltava da un gradino all'altro del grande tronco cavo con scioltezza derivata dall'abitudine. Salimmo forse per dieci o quindici metri, e vidi distintamente dei cunicoli aprirsi nelle grandi e larghe volte del legno, per dipanarsi poi chissadove. Ad un tratto, la luce cominciò a filtrare dalle incrinature nella vecchia corteccia. Sentii aria, e vidi sopra di me il tronco che si incurvava, in modo tale che presto mi ritrovai a camminare in piedi. Ci trovavamo in cima all'albero, ma ancora dentro il suo smisurato tronco. La corteccia sopra di noi era in parte caduta per l'effetto combinato del vento e della pioggia, ma, assottigliandosi sopra di noi, ora sembrava toccare il cielo.
Ai nostri lati, nello spesso corpo dell'albero, c'erano due porte, una alla mia destra ed una alla mia sinistra.
Ozzacil andò con decisione verso quella a noi più vicina, subito a sinistra. Iniziò improvvisamente a bestemmiare contro gli dèi nel suo inconfondibile accento, un misto di babilonese e crotonese. Si cercò nel pelo, nelle tasche, poi si girò e mi disse che aveva dimenticato le chiavi.
Gli chiesi se non si potesse bussare, alla casa dei Pizzardi, e mi rispose - con un'espressione un po' sconsolata- che non era questo il problema. Suonò. Aspettammo che passassero alcuni secondi, e poi suonò di nuovo. Non giungendo risposta, chiesi se era sicuro che fossero in casa: Ozzacil mi rispose di sì, ma sempre più sconsolato, che sì, erano in casa, e iniziò a suonare il campanello di continuo, scalciando contro la porta e urlando. Continuò per cinque minuti di fila. Riprese a bestemmiare, e poi a bestemmiare urlando. Nessuna risposta.
Iniziavo ad annoiarmi: ero curioso di entrare, e lì nell'albero poi, non potevo neanche vedere che pochi scorci di luce qua e là nella corteccia.
Sentimmo un rumore alle nostre spalle: l'altra porta si aprì, e vidi una piccola folla nell'ombra venire verso di noi. Quello fu il mio primo incontro con i Pizzardi.

mercoledì 23 luglio 2008

Cronache di Pizzardi - II

Ozzacil mi diede indicazioni circa come arrivare nei pressi del villaggio.
Radunai i miei libri, preparai le borse, e scesi ad aspettare il Grande 14. Era una mattina assolata, banchi di motorini sguisciavano vicini alla superficie, coprendo di riflessi argentati i fianchi immensi del Grande 14.

Con un grande sbuffo, l'Arancione riprese velocità, passò dal grande canale, imboccò la corrente Maggiore, e finalmente si tuffò felice nel Viali. Dopo non molto si irrigidì, e in un guizzo, virò a destra, iniziando a risalire la corrente: da quel momento, entrammo nella terra dei Massarenti, che prende nome dalla corrente Massarenti, che si immette nel Viali, e sgorga dalla Grande Rotonda. I Massarenti gestiscono da generazioni il traffico di merci lungo il fiume: i Lidlenberg, gli Esselungai, i De' Coop sono le famiglie di mercanti più ricche della tribù, e vantano legami di sangue con molte altre tribù lontane. Il culto dinastico è molto vivo tra i Massarenti, che visitano di frequente i luoghi di culto, i supermercati, per coltivare i frutti delle famiglie: una, due, ma a volte anche tre volte alla settimana, vedrete una folla uniforme entrare dai cancelli del supermercato, una folla che si manterrà costante dal sorgere del sole, al calare del buio. All'interno, noterete come tutti saranno intenti ad osservare gli oggetti posti sugli scaffali delle navate centrali, o lungo le lunghissime pareti. Dopo aver ammirato a lungo gli scaffali, i Massarenti porteranno le loro offerte ai Cassieri, i sacerdoti del supermercato. Questi accetteranno i doni, e concederanno ad alcuni di portare via un oggetto o due, talvolta del formaggio, altre dei prodotti igienizzanti. Giunta la notte, i Cassieri daranno alle Guardie i denari raccolti, e queste ultime si occuperanno di versarle direttamente nelle casse delle grandi famiglie Massarenti. Gli agricoltori verranno pagati con parte della somma guadagnata, affinchè siano sempre rigogliosi gli scaffali del tempio.
Ozzacil mi aveva detto di dirigermi, una volta di fronte ai cancelli del supermercato, verso i Giardini degli Orsola.
Dunque guadai il Massarenti nel suo punto più basso, ed una volta attraversato mi fermai a prendere un caffè presso la tenda di un mercante, cha aveva piantato lì la sua piccola carovana, in attesa di visitatori come me.
Mentre preparava il caffè, mi chiese cosa venivo a fare da questa parte del fiume, e gli dissi ingenuamente, che stavo pensando di venire a vivere da quelle parti, perchè volevo scrivere un libro sui Pizzardi.
Al sentire quel nome, si dipinse sul viso del mercante prima un sorriso come di un bel ricordo, poi un'espressione di paura atavica, poi scosse il capo, poi guardò lontano sorridendo di nuovo, poi si asciugò una lacrima che gli stava scendendo lungo la guancia, ed infine mi gettò uno sguardo che posso descrivere solo come promiscuamente ammiccante, mi fissò, mi servì il caffè, guardò me, poi di nuovo il caffè, poi me ancora, e finalmente disse: - lei non ha assolutamente idea di quel che accade nella terra dei Pizzardi-.
- La terra dei Pizzardi?
- Si.
- Ma non sapevo che avessero un loro territorio
- La terra dei Pizzardi è magica e non sono conosciuti tutti i suoi confini nemmeno ai Pizzardi stessi
- Mi scusi, ma lei come lo sa?
- A volte, stando qui tutto il giorno, mi capita di intravederne uno tra i cespugli, a volte delle piume di Lobuglio, sa, stando sempre qui...

Vidi in lontananza una nuvola di polvere sollevarsi e venire verso di me: era il fido Ozzacil che arrivava di corsa. Si fermò davanti a me e mi guardò con aria indifferente, poi grugnì e gli strofinai il muso in cenno amichevole. Il suo pelo, ispido, di dread chiari, come sempre era cosparso di ricci di castagna, la montatura degli occhiali era rotta, le lenti graffiate. Per il resto, era perfettamente stirato e pulito.

Pagai il emrcante, rimandando la nostra conversazione ad un altro momento, e mentre ancora riflettevo su quel che mi aveva detto, iniziai a seguire Ozzacil.
Andammo a lungo in un bosco rado che costeggiava una canale, della fitta rete che forma il Massarenti in questa piana fertile. gli accampamenti erano radi, lungo i sentieri, che costeggiavano i corsi d'acqua più grandi.
Raggiungemmo infine ad un traghetto, gestito dal nostro lato, da alcuni stranieri, non Massarenti. Da un lato e dall'altro, questi mercanti avevano organizzato due piccole tende, dove rifocillarsi e riposare.
Andai a contrattare con il traghettatore, ma questi mi fissò per un attimo con i suoi tre grandi occhi colorati, e indicò dietro alle mie spalle: Ozzacil mi aspettava già su una piccola barca che doveva aver tirato fuori dai giunchi lì vicino. Salii, e mi misi a mio agio. Ozzacil dava qualche colpo di remo ogni tanto, fendendo facilmente il lento corso della corrente. Poco prima di giungere sull'altra sponda, mi guardò e mi disse: ora sei in terra nostra. Sorrisi e presi appunto di quell'espressione: cosa voleva dire nostra? Ozzacil era un Pizzardo?
L'agile artiodattilo legò velocemente la bici, e salutò alcuni mercanti seduti fuori dalla tenda. Vidi che si trattava del luogo di ristoro che avevo visto dall'altra aprte del fiume. Un'insegna recava la scritta: "Pizzeria 3B".
Non sapevo ancora che sarebbe diventata la mia unica fonte di sussistenza per mesi.

martedì 22 luglio 2008

Cronache di Pizzardi - I

Presi i primi contatti con i Pizzardi durante l'estate 2007. Mi trovavo già da anni nella regione, e conoscevo già la maggior parte del territorio della città, e dell'oltrefiume.
Avevo imparato a seguire le maree dei Grandi Arancioni, conoscevo a memoria i percorsi, avevo già catalogato centinaia di esemplari: uomini-cane, figli di Frik, speziali, suore Kitty, tutti: ero benvenuto nelle gilde dei pastori del mare, e dei banditi del sud. Fu proprio tra di loro che incontrai Ozzacil, fida guida appartenente al popolo dei cinghiali. Ma andiamo per ordine.
All'inizio dell'estate, per varie ragioni, mi trovai costretto a trovare una nuova dimora, e Ozzacil prontamente si offrì di aiutarmi. Ciò che non sapevo, era che lui viveva nel cuore dell'oltrefiume sconosciuto, dentro i cunicoli delle tane dei Pizzardi, dove nessuno capita per caso, dove le voci del mattino e della sera si dice si confondano, dove ciò che nromalmente altera, schiarisce, e ciò che ogni giorno ci ristora, diventa evanescente.
Luoghi sconosciuti alla maggior parte dei Massarenti stessi, che formano l'etnia più grande dell'oltrefiume sud.
Non serve dire che per un ricercatore, questa fosse più di una buona notizia. Tuttavia, mi domandai subito se mi avrebbero accettato: dei Pizzardi non si sa niente, solo voci, sulle bocche imbellettate delle puttane lungo la riva dell'Aldrovandi, o frasi sconnese di ubriachi persi in qualche sogno, proverbi di qualche vecchio Massarenti al mercato.

venerdì 18 luglio 2008

National Pizzardi- La grande migrazione

Ogni mese i migliori estratti dalla stampa internazionale per chi ama il mondo dei Pizzardi

I piccoli roditori alati della steppa pizzardiana sono capaci di percorrere circa 800 miglia in un solo giorno, il loro corpo affusolato gli permette di sfruttare tutte le correnti ventose e le loro piccole ali, dotate di un folto piumaggio, perdono il pesante ingombro appositamente per sviluppare una perfetta tenuta e raggiungere cosi velocità elevate durante la migrazione.
Dopo sei mesi dall'ultimo viaggio ecco che i nostri due esemplari si mettono in volo per le zone più calde del pianeta dove la brulla vegetazione e la presenza del mare sono a disposizione per i loro giocosi passatempi. Questa rara specie di volatili ama il divertimento e la cura dei propri pulcini, solitamente, nelle stagioni estive li si possono scovare nelle aree metropolitane siciliane, nei bar di bagheria e nelle segherie a motore di Giulianova, anche se questi ultimi esemplari di Giulianova stanno tendendo oramai a scomparire definitivamente a causa di una forte riduzione dei gas inquinanti.
Ebbene si, questi piccoli e stupefacenti animali, si comportano inspiegabilmente come le piante. Fanno parte del regno animale ma sfruttano il ciclo vegetale, quindi al contrario dal ciclo animale, immagazzinano anidride carbonica per rilasciare solo di notte ed in presenza di svariati litri di alcool ossigeno puro, necessario anche e soprattutto alla vita di tutti noi su Gaia.
Aspetteremo gli inizi della nuova stagione calcistica per rivederli all'opera in un altro stenuante viaggio.

venerdì 11 luglio 2008

INTRODUZIONE - Cenni storici e geografici. Caratteristiche generali dei Pizzardi.

Al sud della grande pianura, c'è una città fondata da un popolo folle discendente dai babilonesi.
Dodici porte la sorvegliano, ma non tutte sono visibili.
Fuori dalla città, a sud, attraversato il fiume Viali, si entra nel territorio dei Massarenti. Sono aborigeni dediti alla coltivazione del supermercato, e amano percorrere lunghe distanze a piedi. I Massarenti ospitano da generazioni gli Orsola, una gilda di guaritori custode di antiche ricette.
Non lontano da là, una volta entrati nel sottobosco di stradine piccole e di alberi ordinati, vivono i Pizzardi.

Delle numerose piccole tribù, della miriade di clan che vivono vicino al fiume Viali, i Pizzardi sono tra le più misteriose e poco conosciute.
La loro natura schiva, il loro olfatto, il costante mutare e girovagare dei suoi membri, rende i Pizzardi diversi da tutte le altre tribù.
Diversamente dai Mascarelli, i Pizzardi si spostano prevalentemente a piedi, nè peraltro venerano i Grandi Arancioni come i Massarenti alti, per i quali anzi le grandi e lente creature che solcano il fiume Viali, risalendo la corrente verso le colline, sono parte dell'esistenza quotidiana e messaggere degli dèi.
Si potrebbe paragonarli ai Bertoloni, cresciuti negli angusti labirinti della città, per l'apparente stato di anarchia all'interno della tribù, all'occhio inesperto di un viandante. In realtà, la tribù dei Pizzardi ha una struttura di tipo semi-nomadico, regolata da regole non formali accettate e comrpese implicitamente da ognuno. La vicinanza dei Pizzardi al mondo animale li rende l'oggetto delle fantasie popolari, e molte sono le attribuzioni inesatte che vengono addossate a questa pacifica tribù.